Chiedimi se sono felice

10 Lug 2023 | Blog

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Ti auguro una bella settimana.

Laura Colombo


Chiedimi se sono felice.

Ve la ricordate la frase famosa del titolo del film di Aldo Giovanni e Giacomo che ci ha fatto tanto ridere, a volte anche per l’ironia sottesa a situazioni al limite del surreale e della canzone di Samuele Bersani che ha scritto la colonna sonora?

Se siete un Boomers o un X Generation (come me, io sto a cavallo) la risposta è certamente si.

Pare che non ci sia più tanto da ridere e che la risposta alla domanda iniziale sia: “No, non sono felice”.

Questo per il 93% dei lavoratori.

Il fenomeno delle Grandi Dimissioni, sembra essere ancora attuale: in Italia, complessivamente, il 46% dei lavoratori ha cambiato lavoro negli ultimi 12 mesi o ha intenzione di farlo, una percentuale che raggiunge il 77% per gli under 27.

Il 55% degli occupati sta già facendo colloqui

Ma non tutti quelli che hanno cambiato lavoro hanno trovato quel che si aspettavano.

Il 41% si è pentito della scelta fatta

Ciò che ha trovato non corrispondeva alle attese ma nemmeno alla percezione iniziale.

Di fatto ciò di cui stiamo parlando è il “Great Regret”, fenomeno già molto diffuso negli USA e che in Italia riguarda maggiormente gli uomini e le persone con più di 50 anni di età, anche se si sta facendo progressivamente strada nelle altre fasce di popolazione in età lavorativa.

Questo è ciò che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano che ha indagato su questo ed altri temi che stanno caratterizzando il mercato del lavoro.

Ma non è tutto e i numeri che stiamo leggendo sembrano essere più che dei risultati dei sintomi di qualcosa di sotteso e strisciante che scopriremo nelle prossime righe.

Sono segni forti di un malessere diffuso, un malessere che viene da dentro.

Solo il 7% (circa 1,3 milioni) dei lavoratori dichiara di essere felice

L’aspetto più critico è quello psicologico: il 42% dei lavoratori ha avuto almeno un’assenza nell’ultimo anno per malessere psicologico e/o relazionale, che significa un livello di stress oppure di depressione tale da ingenerare l’incapacità – anche fisica a volte per le somatizzazioni che ciò può comportarne – di affrontare una normale giornata lavorativa.

Solo l’11% sta bene su tutte e tre le dimensioni del benessere lavorativo: psicologico, relazionale e fisico

La pandemia ha modificato profondamente l’esistenza di tutti noi: ha fatto crescere in molti un senso di precarietà e individualismo che porta a non vedere più il lavoro come unica o principale priorità, ma a considerare come prioritario l’avere tempo e spazio per poter vivere tutte le altre dimensioni della vita.

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Secondo uno studio della Fondazione Veronesi il 50% del campione ha rivelato di aver subito un incremento della fatica percepita durante lo svolgimento di attività lavorative, il 20% ha riportato sintomi clinicamente significativi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), mentre il 28% ha lamentato sintomi ossessivo-compulsivi disturbanti e interferenti con il proprio vissuto quotidiano.

Non di meno peso è l’emergere di disturbi psichiatrici: i più comuni provocati dal Covid-19, come evidenziato dai ricercatori dell’Università di Oxford, sono disturbi di ansia, stress, insonnia, depressione e sentimenti di rabbia che non si erano evidenziati durante la prima fase epidemica.

A peggiorare il quadro già non confortante, si aggiunge che molte persone non hanno i mezzi per affrontare le spese che le cure per la salute mentale comportano

In questo contesto la Direzione HR può e deve avere un ruolo chiave per ridisegnare la propria relazione con le persone.

Anche il ruolo dello Psicologo in ambito aziendale è profondamente cambiato, lasciando ampi spazi a ambiti di intervento che sono a cavallo tra il personale e il professionale, dove i confini sono indistinguibili perché fanno tutti capo a un unico soggetto: l’individuo nelle sue dimensioni.

Un profondo cambiamento di mentalità che mette in discussione la cultura tradizionale

Le evidenze della ricerca suggeriscono come sia necessario partire dall’ascolto e dalla presa d’atto che, alla base della crisi attuale, ci sia innanzitutto una sempre più pressante ricerca da parte delle persone di equilibrio e felicità anche attraverso il lavoro.

In questo contesto di grande cambiamento, la Direzione HR ha di fronte sfide importanti per riuscire a trasformare sé stessa ed essere di reale supporto alle persone e all’organizzazione.

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Quello che proponiamo agli HR sono interventi di assessment che hanno valenza e finalità di tracciare i confini di una situazione aziendale, farne emergere caratteristiche e punti di attenzione per poi procedere con attività di consulenza HR specifiche.

Oltre a coinvolgere gli HR, quando possibile, risulta di grande impatto la partecipazione dei C-Suite: questo coinvolgimento consente la condivisione della presa d’atto di una condizione che l’azienda vive e di conseguenza la possibilità di tracciare nuove linee di sviluppo funzionali a tutte le BU e finalizzate agli obiettivi generali.

Da li in poi a cascata gli interventi saranno una fisiologica conseguenza di quanto emerso, ovvero lo strumento più idoneo per favorire una situazione o per fermare l’insorgenza di ostacoli al successo e al benessere.

Dai corsi di formazione, al coaching di team o individuale, fino al microlearning online: tutto potrebbe essere funzionale al miglioramento del percorso di cambiamento e al superamento dei momenti di difficoltà funzionale HR.

Basta che sia il risultato di uno sforzo comune di più competenze messe in gioco tra gli HR e gli esperti del settore formazione, che giocano sempre più un ruolo di business partner con le organizzazioni, a fianco delle persone.

Laura Colombo

AD ETAss | Career and Digital Coach ICF and mBIT Certified | past Forbes HR Council Editor | LinkedIn Partner | HR Communication | Employer Branding | Talent Acquisition | Libera Pensatrice


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